NOI PER VOI E IL SOSTEGNO PSICOLOGICO: UN’INTUIZIONE LUNGIMIRANTE
E’ sempre complesso entrare in un reparto. Lo staff sanitario rimanda l’immagine di ciò che è tecnico: i valori, gli esami, gli interventi chirurgici e non bisogna perdere tempo. Lo psicologo proviene da un’altra dimensione, dove il tempo deve esserci anche se non c’è, il luogo dove si ricercano significati.
Credo che i genitori dell’associazione, a livello intuitivo, quando, alla fine degli Anni Novanta, hanno cominciato a pensare alla possibilità di portare un psicologo nel reparto di Oncoematologia, avvertissero proprio questa necessità: dare un aiuto per creare uno spazio laddove regna l’assurdo e la possibilità dell’annientamento.
E’ sulla spinta di questa esigenza che ho messo piede in reparto nel Settembre del 1999, ormai una vita fa, visti i cambiamenti avvenuti nel tempo, dentro e fuori dell’ospedale.
Il primo obiettivo fu quello di creare uno spazio dove i genitori potessero esprimere tutto ciò che provavano: fu così che cominciai a incontrare le famiglie. Non senza difficoltà, soprattutto per la diffidenza dello staff e per la carenza di spazi: i colloqui si svolgevano, infatti, in una sorta di archivio senza finestra. Ben presto compresi che oltre a quello che stavamo offrendo era necessario creare/utilizzare altri strumenti e lavorare su più fronti: si trattava di creare una rete che potesse veramente essere di contenimento e sostegno.
Fu così che introdussi il gioco simbolico per i bambini, poi l’arteterapia per gli adolescenti e, un paio di anni più tardi, cominciammo a selezionare e formare il gruppo dei volontari.
Modificai la tecnica del gioco simbolico, mutuata dalla psicoterapia infantile classica, per adattarla alle esigenze dei bambini del reparto che trovarono in questo strumento la possibilità di esprimere i loro vissuti. Introdussi l’arteterapia, grazie ad una collega e alla supervisione della D.ssa Paola Luzzatto che aveva lavorato allo Sloan Kettering Cancer Center di New York. Fu molto utile questa modalità in un momento in cui il numero degli adolescenti era in aumento e il reparto pediatrico non era abbastanza attrezzato per far fronte ai loro bisogni.
L’idea di formare i volontari, partendo da una selezione e poi da un rigoroso lavoro di formazione e di supervisione permanente, nacque da una duplice osservazione: da una parte la necessità, appunto, di costituire una rete (per tutti, ma soprattutto per le famiglie che arrivavano da fuori regione e da fuori Italia, sempre più numerose) e dall’altra dalla constatazione che anche il personale volontario necessitava di una preparazione e di un supporto serio e costante per poter essere davvero di aiuto e per sostenere l’impatto di quel reparto.
In anni più recenti abbiamo messo a punto Inclusion (lavoro di supporto e di rete con la scuola di appartenenza del paziente) e Homing (supporto psicologico e psicosociale domiciliare).
Tutti questi step fanno parte di un unico disegno: quello di creare, ampliare e rendere sempre nutritiva una rete di supporto composta da varie persone che, insieme, costituiscono una mente gruppale pensante.