ASSOCIAZIONE GENITORI CONTRO IL CANCRO INFANTILE
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Istiocitosi a cellule di Langerhans sindrome infiammatoria o neoplasia

ISTIOCITOSI A CELLULE DI LANGERHANS: sindrome infiammatoria o neoplasia? Nuovi approcci genetico-molecolari

 

PROGETTO DI RICERCA

Introduzione
Le istiocitosi sono un gruppo eterogeneo di disordini caratterizzati dall’accumulo e/o la proliferazione di fagociti mononucleati di origine midollare. Se ne distinguono due famiglie principali: la istiocitosi a cellule di Langerhans (ICL/LCH), che deriva dalle cellule dendritiche, e la linfoistiocitosi emofagocitica (LE/HLH), che deriva dalle cellule fagocitiche.
La LCH è una malattia rara (prevalenza di 1-2/100.000) che può coinvolgere tutte le fasce di età con un picco di incidenza nella prima infanzia.
La diagnosi si basa sull’analisi istologica e immunoistochimica dei tessuti affetti (infiltrato granulomatoso di cellule con fenotipo LC, CD1a+). L’eziopatogenesi della malattia rimane ancora non ben definita. Studi recenti farebbero ipotizzare, da un lato, il ruolo di molecole implicate nella infiammazione e, dall’altro, di mutazioni genetiche somatiche attivanti a carico di proto-oncogeni della via MEK-ERK dei tessuti interessati.

Sebbene la LCH sia una malattia sporadica, casi di familiarità e di concordanza tra gemelli omozigoti suggeriscono il ruolo di fattori genetici costituzionali, ad oggi non identificati.
La presentazione clinica e la prognosi sono molto eterogenee potendo variare tra lesioni cutanee o ossee uni-focali autolimitantesi a malattia disseminata ad organi vitali potenzialmente letale. Coloro che sopravvivono possono andare incontro a riattivazioni o complicanze. Tra queste ultime, la forma neurodegenerativa (ND-LCH, neurodegenerative-LCH) rappresenta un evento raro ma temibile perché può progredire fino allo sviluppo di severe manifestazioni neurologiche inabilitanti. Ad oggi, la eziopatogenesi di questa complicanza è sconosciuta e non esiste un trattamento codificato efficace nell’arrestarne la progressione.

Basi biologico-molecolari della LCH:
Recenti studi hanno evidenziato la presenza di mutazioni genetiche somatiche a carico dei geni della via MEK-ERK sul tessuto lesionale di pazienti affetti da LCH. La variante più frequentemente identificata è la V600E a carico del gene BRAF descritta in percentuale variabile tra il 25 e il 70% dei pazienti (Emile 2014, Haroche 2012). Con minor frequenza sono state identificate altre due mutazioni attivanti a livello dello stesso codone: la V600D e la delezione di quattro aminoacidi in frame, V600DLAT.
Su queste basi si è sviluppato un modello secondo il quale le vie di trasduzione del segnale di MEK-ERK hanno un ruolo critico nella patogenesi della LCH (Chakraborty et al 2014).
Berret et al in un articolo del 2015, hanno inoltre dimostrato che lo stadio maturativo della cellula mieloide a livello del quale si verifica la mutazione V600E di BRAF è correlato a differenti gruppi di rischio della malattia: mutazioni in stadi più precoci di maturazione sono associate a fenotipi più aggressivi e viceversa.
L’identificazione di mutazioni a carico della via MEK-ERK pone le basi per l’utilizzo di terapie mirate con inibitori nei pazienti portatori della mutazione. Ad oggi sono disponibili inibitori di BRAF la cui efficacia è
stata dimostrata in alcune coorti di pazienti adulti. In pediatria l’utilizzo dell’inibitore di BRAF, Vemurafenib, è stato riportato in un caso in letteratura e recentemente in un nostro paziente.

Obiettivi
Lo scopo di questo progetto è quello di studiare il ruolo di fattori genetici costituzionali e acquisiti implicati nella LCH e nella complicanza neurodegenerativa (ND-LCH). Questo potrebbe permettere di comprendere meglio le basi patogenetiche della malattia e di effettuare correlazioni con i dati clinici con l’ultimo scopo di individuare pazienti a rischio di decorsi aggressivi o di complicanza neurodegenerativa con potenziali implicazioni prognostico-terapeutiche.
Inoltre si vuole focalizzare l’attenzione sulla caratterizzazione genetico-molecolare delle LCH che rimane ancora di difficile e incompleta definizione.

Materiali e metodi:
♦ Raccolta di campioni biologici (tessuto lesionale congelato o incluso in paraffina, sangue periferico e, se disponibile, sangue midollare) di pazienti con diagnosi istologica di LCH provenienti dai Centri di Oncoematologia pediatrica della rete AIEOP.

♦ Ricerca della variante V600E nel gene BRAF su tessuto lesionale.

♦ Ricerca di varianti in altri geni potenzialmente implicati nella patogenesi della LCH e della ND-LCH a partire dai geni della cascata MEK-ERK: ad esempio ricerca delle varianti nel gene MAPK2 (esoni 2 e 3), ad oggi riportate come le più frequenti dopo la V600E in BRAF.

♦ Applicazione di metodiche di biologia molecolare per lo studio dei geni target sui diversi tessuti, con il ricorso a tecniche di sequenziamento diretto o di next generation sequencing (ove il materiale è idoneo all’utilizzo di queste metodiche).

♦ Sequenziamento massivo in famiglie informative alla ricerca di fattori genetici costituzionali

 

Risultati attesi e prospettive future

Lo screening dei pazienti con LCH per la presenza di mutazioni della via MEK-ERK pone le basi per l’utilizzo di farmaci inibitori, per il momento riservato a pazienti a rischio refrattari ad altre terapie.
I risultati ottenuti da questo progetto potranno inoltre contribuire alla caratterizzazione genetico-molecolare della malattia e a chiarirne le basi eziopatogenetiche.

 

https://www.meyer.it/index.php/cura-e-assistenza/attivita-sanitarie/1450-istiocitosi